UNIVERSITA’
DEL TEMPO LIBERO
MALCESINE
– PALAZZO DEI CAPITANI
Gaio Valerio Catullo e la
poesia d’amore antico.
Prof.ssa Albertina Cortese
Il
protagonista della lezione odierna è il grande poeta Veronese Gaio
Valerio Catullo con la sua poesia d’amore e di lui ci parlerà la
Prof.ssa Albertina Cortese.
Gaio
Valerio Catullo (Verona, 84 a.C. – Roma, 54 a.C.) visse quando il
più famoso personaggio di quell’epoca era Caio Giulio Cesare che
avrebbe capovolto l’Europa, formata da tanti popoli, uniti tutti
sotto l’impero romano, ma che, nonostante i suoi successi militari,
sarebbe stato ucciso per una congiura di palazzo.
Da
evidenziare che in quei tempi era nota solo l’Europa e parte
dell’Africa Settentrionale, mentre il resto del mondo era
totalmente sconosciuto, e Cesare era l’unico che comandava con Roma
Caput Mundi.
Da
evidenziare che cento
anni prima la pianura padana era una foresta e tutti i territori al
di fuori di Roma erano Province. Cesare, in origine, era un console
inviato da Roma per esplorare il mondo di allora, conquistando
l’Europa in dieci anni, quando si recava nei territori conquistati
passava da Verona e veniva ospitato nella casa del padre di Gaio
Valerio Catullo di cui era amico.
I
Catullo erano di Roma, ma, per motivi commerciali, si erano
trasferiti a Verona dove si erano arricchiti con la possibilità
anche di ospitare l’esercito di Cesare, con Roma che si stava
trasformando da Stato agricolo a Stato politicamente più avanzato,
con una società strutturata che aveva una vita normale di benessere,
con i ricchi, con gli schiavi e con i poveri.
Verona
era una città di frontiera con una dogana a Piazza delle Erbe ed i
Catullo si erano arricchiti con gli appalti.
Con
la vita agiata che conducevano si potevano permettere di dare una
istruzione a Gaio Valerio con un maestro privato e, dopo
l’adolescenza, di mandarlo a Roma per proseguire gli studi in una
loro casa.
Erano
ricchi e politici, ma il giovane Catullo odiava la politica, si
innamorava dell’arte e tornava a casa per le vacanze.
Come
sopra accennato i confini dell’Impero Romano si fermavano al
Rubicone, oltre c’erano le Province che pagavano le tasse a Roma
tramite il pro-console. Da evidenziare che, quando si muovevano, gli
eserciti (legioni) erano composti di circa 12.000 soldati, mentre.
quando si muoveva, il Governatore era accompagnato da poche persone e
per denaro e, se si recava a Milano, si fermava a Verona.
Trasferitosi
a Roma non ancora ventenne, Catullo comincia a frequentare ambienti
politici, intellettuali e mondani, conosce personaggi influenti e
frequenta circoli poetici. Durante il suo soggiorno a Roma conosce
Clodia, sorella del tribuno Clodio e moglie del console Quinto
Metello Celere e se ne innamora follemente.
Clodia
viene cantata nei carmi con lo pseudonimo letterario “Lesbia”, in
onore della poetessa greca Saffo orginaria dell’isola di Lesbo. Il
celebre carme 51 fu composto come l’adattamento di un’ode
saffica ed è da molti interpretato come la prima dichiarazione
d’amore a Clodia. La donna aveva una decina di anni più di Catullo
ed era intelligente, emancipata e spregiudicata.
Carme
51
Colui mi sembra essere simile
a un dio,
Colui, se è lecito superare
gli dei,
che sedendo davanti a te
continuamente
ti guarda e ascolta
mentre ridi dolcemente, la
qual cosa a me infelice
strappa ogni senso: infatti
non appena ti vidi,
o Lesbia, non mi rimane
neppure un filo di
voce in gola,
ma la lingua si intorpidisce,
una fiamma sottile
si spande attraverso le
membra, di un suono
proprio
le orecchie tintinnano,
entrambi gli occhi sono
coperti dalla notte.
O Catullo, l’ozio ti è
molesto;
per l’ozio esulti e ti agiti
troppo;
l’ozio ha un tempo mandato
in rovina
re e città felici
Nel carme 52 Catullo parla a
se stesso e afferma che se le cose vanno male è meglio morire.
Carme
52
Che c’è, Catullo?
Cosa ti trattiene dalla morte?
Scrofola Nonio siede sulla
sella curule,
Vatinio promette menzogne per
un consolato.
Che c’è, Catullo? Cosa ti
trattiene dalla morte?
La
relazione con Clodia andò avanti diversi anni, alternando momenti
felici a momenti burrascosi con litigi, gelosie, riappacificazioni,
ma sempre all’insegna dell’amore.
Nel
carme 5, tra i più famosi e importanti contenuti nel Liber del
poeta latino, esalta il rapporto tra i due con i baci che si danno e
che si daranno.
L’amore viene posto in
antitesi alla morte, è la luce della vita ma, proprio come il sole,
è destinato a tramontare condannando l’uomo a una eterna notte.
Dal settimo verso Catullo pare destarsi, come scuotendosi da un
incubo, e riprendere il tema gioioso del titolo.
Viene
quindi la celebre frase: “Da mi basia mille, deinde centum”
(Dammi mille baci, poi altri cento), confermando con la parola “basi”
la sua origine veronese.
Carme
5
Dammi mille baci
Viviamo, Lesbia mia, e amiamo
e non badiamo alle chiacchiere
dei soliti vecchi troppo severi.
Il sole tramonta e poi
risorge,
ma noi, una volta che il
nostro breve giorno si è spento,
dobbiamo dormire una lunga
notte senza fine.
Dammi mille baci, poi cento
poi altri mille, poi cento
ancora.
Quindi, saremo stanchi di
contarli,
continueremo a baciarci senza
pensarci,
per non spaventarci e perché
nessuno,
nessuno dei tanti che ci
invidiano,
possa fa.
Bisogna
dire, comunque, che il poeta ebbe anche relazioni omoerotiche per la
sua ampia libertà di pensiero, documentate in alcuni carmi e scrisse
uno dei più teneri componimenti catulliani dedicati a un giovinetto
romano, forse uno schiavo o un liberto.
Ma
per Clodia, Catullo soffre, per la volubilità della donna, libera di
corpo e di pensiero, e a lei dedica la più bella poesia d’amore
sopra menzionata (carme 5) adottando la parola “basi” per baci in
veronese.
Quando
la relazione è burrascosa si definisce “infelice Catullo” perché
l’amata lo tradisce, affermando che se le cose vanno male meglio
morire.
Rimasta
vedova, Catullo vorrebbe sposare la sua amata, ma lei rifiuta e
contatta due amici di Catullo (Furio Aurelio) per informarlo,
aumentando
il dolore del poeta.
Concetto
Marchesi, grande storico di letteratura latina dice che la più bella
preghiera di Catullo è il carme 76 dove Catullo afferma che il
dimenticare una donna può essere concordato solo dagli dei.
Carme
76
Se è vero che gli uomini
provano piacere nel ricordare
il bene fatto, quando hanno la
sicurezza di essere onesti,
di non aver mai mancato alle
promesse, né ingannato i loro simili
in alcun giuramento,
invocando, in mala fede, la potenza dei numi,
allora, o Catullo,
nella tua esistenza futura ti attendono molte
gratificazioni,
che scaturiscono da questo tuo non ricambiato amore.
Poiché
tutto ciò che di bene gli uomini possono o dire
Ai loro simili
o fare, tu l’hai detto e l’hai fatto:
ma la bontà è stata
inutile con quella donna che ha il cuore ingrato.
E allora
perché tormentarti più a lungo?
Perché non ti fai coraggio e
ti scosti da lei
E la smetti d’essere infelice, se i numi ti
sono contrari?
È difficile spezzare di colpo un lungo legame
d'amore.
Lo so che è difficile; ma ci devi riuscire
comunque.
Questa è la sola salvezza; qui devi vincere te
stesso;
devi farlo, sia che tu possa, o che non possa.
O
dei, se è vero che siete misericordiosi, o se mai proprio
In
punto di morte avete recato a qualcuno l’aiuto supremo,
volgete
lo sguardo su me infelice e, se sono vissuto senza colpa,
strappatemi dal cuore questo male che mi conduce a rovina,
questo flagello che, penetrato come un languore fino in fondo alle
fibre,
mi ha cacciato via completamente dal petto la
gioia.
Ormai non vi rivolgo più quella preghiera, che ricambi
il mio amore,
oppure (tanto non è possibile) che voglia
restarmi fedele;
sono io che voglio guarire e liberarmi da
questo male nascosto.
O dei, fatemi questa grazia in
cambio della mia devozione.
Versi
che simboleggiano amore e dolore per l’amata, nonostante egli
riconosca che Clodia è impossibilitata a restargli fedele, tanto da
pregare gli dei a fargli la grazia di guarirlo e di liberarlo da
questo amore che lo stà distruggendo.
Celebrato e citato da numerosi
altri autori antichi e suoi contemporanei, per secoli si perde la
traccia di Catullo poeta che viene riscoperto all’epoca dello
Stilnovo, quando Catullo verrà finalmente e totalmente riscoperto.
Negli
anni di Carlo Magno, nella seconda metà del nono secolo d.C., un
Vescovo di Verona (Raterio), viene a conoscenza dei versi di Catullo,
probabilmente, nella Biblioteca Capitolare della Città, ma
dopo questa citazione Catullo scompare di nuovo nei secoli. Occorrerà
arrivare al Trecento perché il poeta veronese guadagni di nuovo gli
onori della cronaca col notaio vicentino Benvenuto Campesani.
Campesani scrive, infatti, “Sulla resurrezione di Catullo poeta
veronese” un epigramma basato su un manoscritto antico che egli
avrebbe riportato in Italia dopo quattro secoli da quando, forse,
Raterio l’aveva portato con sé in Francia, mentre in Italia di
Catullo non restava più alcuna traccia. L’entusiasmo
nei confronti di Catullo e dei suoi scritti si riaccende e alle sue
opere si ispira e si appassiona Francesco Petrarca che alle opere di
Catullo si era imbattuto a Verona nel 1345.
Di
lì in poi le opere di Catullo vincono
definitivamente l’oblio ricominciando a essere riprodotte e
stampate in tutto il mondo.
Un
autore morto ad appena 30 anni nel 54 a.C. che, anche adesso,
emoziona il lettore per la modernità dei suoi versi che cantano
l’amore in tutte le sue sfaccettature.
Giuseppe
Romano
Malcesine,
19
Marzo 2025